Piazzisti

Belli i film che ti fanno conoscere un pezzo di realtà! Ne avevo già parlato in un altro posto, non davanti a questo camino, non con te, non dietro a questi vetri appannati e bagnati.
E quando ne ho parlato, alla fine non ero mica soddisfatta. Mancava qualcosa. Non avevo parlato per me.
Belli i film che riescono a farti riflettere.
The big kahuna.
Film di piazzisti, venditori, commessi viaggiatori. La banalità del "dare e avere". Che sono bravi quando sono svelti di parola e capaci di nascondere il vero.
Non so perchè ma quando devo pensare ad un 'contaballe' mi viene sempre in mente il tipo 'piazzista'.
Bene in questo film ci sono tre venditori che devono piazzare la loro merce, lubrificanti credo.... ma potrebbero essere anche polli o bulloni '10 punto 9'.
Ho scoperto che dopotutto mi sbagliavo, ci vuole onestà anche per questo lavoro, infatti è un lavoro!
Ma qui la parola 'onestà' ne vela e svela una più grande, la madre di tutte le onestà, la tanto svergognata e scandalosa parola: verità.
Già, siccome è scomoda facciamo che non c'è e siamo a posto.
Insomma, per farla breve, non è un film sulla compravendita, ma sulla religione.
Bleah!!! Battezziamo anche Danny DeVito? No, calma! Mica qui sta il fascino della questione. Perchè mai la parola 'religioso' deve sempre fare il paio con 'bigotto' questo non lo capisco, ed ho bisogno, onestamente - tanto per rimanere in tema - ho bisogno che prima o poi qualcuno me lo spieghi.

Allora: in questo film c'è un ragazzo molto 'pio' e, davvero bigotto che stravede per Gesù Cristo.... uno dei tre. Pensa che tutto il suo lavoro sia nominare 'Cristo' e stop, finito, tutti a casa. Ecco, questo ragazzo è l'unico piazzista del gruppo: uno che cerca di 'vendere' il padreterno. E' bigotto, ma non ha niente, niente a che fare con la religiosità. E' perfettamente perfetto e contento di sè.... mica ha bisogno di un significato per vivere, gli basta la sua devozione.
Piccolo particolare: è l'unico che non riesce ad apprezzare la bellezza senza vergognarsene, l'unico che non fa bene il suo lavoro, non sta sul pezzo. L'unico che avrebbe l'occasione di vendere e... non si accorge della realtà, si lascia sfuggire il grande compratore. Insomma, l'unico che non vive.
Gli altri due sono uomini imperfetti, e imperfetto è dire poco, sono due pieni di limiti e di domande: 'tu ci pensi mai alla morte?quando un uomo è veramente onesto?', hanno qualcosa di cui rammaricarsi, qualcosa che si sono persi nella vita e che gli ha fatto dire, prendendosi quasi a schiaffi 'cavolo! peccato!'.
Guarda un po' che parola mi è saltata fuori! Ma non assomiglia mica a quell'altra, quella dietro alla sberla, al dito, ai baffi, alla barba e alla faccia incazzata di un dio che ti distrugge con i sensi di colpa. E' proprio solo e unicamente quella che dici tutte le volte che rovesci il latte sul fornello o il tè bollente sul tuo portatile. A volte dici anche c....o! Ma è sempre quella lì solo che ha il vestito moderno: 'Peccato!'
Comunque, dicevamo.... anche quello dei tre che fa il cinico, ad un certo punto, messo alle strette dall'ennesima domanda sul significato del vivere e sui limiti umani, alla fine ammette... è quasi obbligato ad ammettere 'cosa credi, sono un uomo anch'io'...santa, povera, irriducibile umanità!

Ecco, ho l'impressione che religioso non sia l'uomo che tratta il suo dio come se fosse merce da piazzare, il commesso viaggiatore di Gesù Cristo per esempio.
Un uomo religioso  mi assomiglia di più a uno che si sveglia alla mattina e trova sul comodino la propria umanità ad aspettarlo, con i suoi drammi, le domande, le paure, il problema del vivere incollato addosso.
E magari ci è rimasto sveglio tutta la notte manco fosse la sua bella amante.
Anche se tenta di nascondersi dietro il dito del cinismo, prende su i suoi 'peccato, accidenti!' come se fossero il suo orologio, si lava, si veste e va a lavorare, senza pensare che il mondo sia lì ad aspettare la sua soluzione. Invece è lui, lui stesso che si mette ad aspettare, sa che deve aspettare come un commesso viaggiatore deve aspettare la grande occasione, the big kahuna appunto, la grande occasione che spiega la vita.


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E infatti è lei

Riprendo da dove ho lasciato l'ultimo post su CSAR di Lucio Battisti, affrontando il tema... no no, aspetta. Non mi piace il termine affrontare, mi pare troppo sistematico e pomposo. Non fa per noi. Qui siamo davanti al caminetto, fuori (necessariamente) sta piovendo. Senti il rumore della piogga? Chiudi le finestre che entra aria fredda! 

Chiuse? 

Bene.

Poi ecco, ti dò del tu, siamo in due o tre (o quattro) davanti al caminetto, siamo tra amici. Allora vedi, volevo prendere ad esempio la mirabile canzone Però il rinoceronte. Ai ripetuti ascolti (sono giorni, sai, che vado in macchina con il disco di Battisti nel lettore, sento sempre quello... immagina se viaggiassi con qualcuno, l'avrei già fatto uscire pazzo...), ecco, ai ripetuti ascolti viene fuori quella canzone. Ha una progressione stupenda. Sembra che ti parta lì, una cosa come tante, una canzone strana ma onesta. Già dalle parole l'avrei dovuto capire, hai ragione. Il librettista Panella (perchè paroliere mi sembra assai riduttivo) non scherza, e con le parole ci gioca benissimo.

Prendi questo verso (siamo ancora piuttosto all'inizio, comunque il bello deve ancora venire) :

basta che non le si dica "Indovina chi sono"
e non te l'aspettavi ecco cose così
raggianti e tristi, cose di burro
in forma di conchiglia.

Ora, io lo ammetto subito subito:  sono probabilmente il primo a non riuscire univocamente ad estrarre un significato. Sono qui le parole, mi ballano tra tanti autostati, ipotesi di significato. Proprio in questo ballare (verbo a forte attinenza musicale) avverto un senso di compimenti estetico! Sarà il modo giusto di fruire la canzone, ammesso che ve ne sia uno? Non te lo saprei dire. Non ti succede mai la stessa cosa?



Bene. Poi però ne approfitto, perché sono anche libero di inseguire a fiuto una mia pista estetica, non essendo forzato ad un significato univoco. Allora mi piace vederci questo svolgersi, questo srotolarsi palpitante della femminilità. Come valore che diventa presente piano piano (sì, con lentezza... se non si cuoce a fuoco lento / rimane cruda dentro) innanzitutto a se stesso: nella persona quasi mitica, archetipica della ragazza, la protagonista di tutto il disco (no no, la protagonista di tutto il periodo bianco di Lucio, almeno).

La ragazza che in uno svelamento progressivo, vede risplendere a se stessa, e al mondo, la sua femminilità. Una pura proprietà riflessiva, innanzitutto. Questioni matematiche -  geometriche e logiche - prima ancora che biologiche.

E la cosa si innesca così, quasi per scherzo... basta non le si dica "Indovina chi sono". 

E intanto la musica segue con docilità il testo che si fa più pregnante, lo asseconda, lo valorizza. Lo sai, a me per qualche motivo Battisti fa pensare a Puccini. Non c'è una nota uguale, ma mi ci fa pensare un sacco. E sono contento di essere italiano, di avere questo pò pò di musica da mostrare al mondo. Vabbè ma questo è un altro discorso, scusami... magari lo riprenderemo.

Ecco dicevo la femminilità, presente intanto a sè stessa. Come primo passo, prima di proporsi ad altro da sè, risplende di sè (del dono ricevuto). Ma guarda: ora è già più certa, infatti.

... sono io quella ragazza dice
puntando il dito come viene viene
in uno sprazzo acrilico a colori...

E in questa coscienza, ti dico, viene riaccolta la quotidianità (te lo dicevo, l'altra volta, ricordi?) e riscattata, illuminata, risollevata... e i giorni non sono più un peso. Sono quasi una decorazione di questa ragazza (e a rimando in una catena di significati che porterebbero al Significato).

Sono io quella ragazza dice,
il giorno prima come il giorno dopo,
e il giorno in mezzo me lo metto al dito,
così sarà un anello e non un peso.

La frase ritorna e si dettaglia, Sono io quella ragazza. Ogni volta più affermativa, più mediterranea (ma quali bellezze nordiche! Siamo carne e sangue, odore di spiaggia e sale sulla pelle, sguardi leggeri nella luce di un paese in festa, qui!), più solare (ricordati, devi sentirla con la musica). 

Continua a risplendere, fino a che diventa evidente, oggettivamente evidente, riconoscibile. Riconosciuto, finalmente. Un riconoscimento che è innanzitutto un tributo. E infatti.

Sono io quella ragazza / e infatti è lei.

Due volte rientra nella canzone. E così la chiude, la conclude, la compie. Lei si è svelata, è riconosciuta. E infatti è lei.
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Cosa succederà alla ragazza?



Metto il CD nel lettore, con una certa curiosità. E’ una avventura percepire come lentamente il suono - all’apparenza così tecnico - scavi un suo percorso attraverso gli ascolti, per svelare ben presto la sua essenza poetica. Il framework tecno è come la scorza protettiva. Appena ascolti un pò si buca ed esce il succo saporito.

La copertina dell'album prosegue
la "fase bianca" di Battisti
C’è un tema nemmeno tanto nascosto in CSAR, ed è un tema da far tremare i polsi, per la sua importanza. Un tema con cui si sono misurati giganti del calibro di James Joyce. Ed è quello della quotidianità. Nelle canzoni si dipana la vita nei suoi aspetti anche più minuti (la metropolitana, i negozi, la posta) ed è una vita ordinaria, si direbbe, completamente normale. 

 “C’è da andare dal dentista ci si va / da fare la spesa la si fa”

 Tramata di eventi consueti, piccoli, se vuoi. Eppure percorsa come da una gloria dell’ordinario, dallo stupore non sopito - ancora non completamente ovattato, per abitudine o negligenza - che le cose ci sono e le cose accadono. Bisogna andare oltre la prima occhiata, la prima vista. Ed ecco giungere l’epifania più mirabile...

 “A prima vista tutto è secondario”

 Che vi posso dire? Questa frase per me è semplicemente geniale. Ecco, mi sembra il punto cardine del lavoro, il suo climax. La vetta, che tra discese ardite e risalite arriva come dovrebbe, circa a metà del lavoro. Certo, tutto è secondario se il reale è pensato come la totalità, se non si mantengono gli occhi aperti per cercare sotto, oltre, perchè il significato in cui tutto riposa non si trova appena in superficie - anche se la superficie rimanda oltre se stessa, come un segno. Se non ci si incammina, tenendo la mano al reale, verso il suo significato, se ci si ferma alla prima vista si paga questo scotto... tutto diventa secondario. In tutto ci sentiamo soffocare, alla fine. Sognando evasioni dal consueto quando la possibilità di avventura è proprio lì che ci aspetta.

 Insomma, pensandoci, ho l’impressione che l’arte vera sia lì per suggerire ed accompagnare questo percorso. Per noi. Ecco che allora la quotidianità in CSAR non è piatta o monotona, ma si arricchisce di tante piccole luminescenze, puntini di luce ed istanti di estasi, diremmo domestiche, tanto che alla fine ne esce un mosaico colorato e mutante, risplendente e ammiccante.

 Oso dirlo, il tema e il suo sviluppo mi fa pensare ad opere del livello di Ulisse o di Finnegans Wake del mio amato Joyce: pensiamoci, anche lì il tema è proprio la quotidianità. Ed è vera avventura, al cui confronto le epiche gesta di Ulisse sembrano una passeggiata: lLa vita è la più grande delle avventure, ma solo l'avventuriero lo scopre (Chesterton). L’arte del nostro tempo è chiamata ad aiutare l’uomo ad entrare in questa avventura con una più ampia consapevolezza. Mi sembra una delle giustificazioni più alte della sua esistenza.

 L’altro grande tema che vorrei affrontare non è propriamente specifico di CSAR, ma attraversa tutta la seconda parte della produzione musicale di Battisti, anche se potremmo dire che in un certo modo l’attraversa davvero tutta. Ed è il tema suadente e fascinoso della femminilità. Ma di questo vorrei parlare  in un prossimo post, se avrete la voglia di seguirci. Siamo qui per ragionare pacatamente intorno alla musica e al cinema, senza alcuna fretta. 

La fretta è tutta intorno, ed è tanto più pungente quanto si smarrisce un senso complessivo al tutto. Noi siamo, per come possiamo, "cercatori di senso", e di fretta - almeno qui - preferiamo non averne...
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Io sto con Pupi

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Ouverture

music by basilyskos
music, a photo by basilyskos on Flickr.

La musica è una perpetua meraviglia. Sta lì a dirci continuamente che c'è di più di quanto vediamo, di quanto incontriamo, quando ci muoviamo in superficie.

C'è una profondità che si collega al cuore ed è una cosa che non si capisce, ma che ha decisamente a che fare con la gioia. Sentimento sfuggente e fuori dal nostro controllo, che arriva magari quando non te lo saresti aspettato.

Magari dopo una brutta giornata, faticosa. Magari cerchi un posto dove riscaldarti, una luce soffusa. Finalmenta a casa. Guardi fuori dalla finestra e piove fitto fitto, ma la pioggia ora che sei al riparo, ti piace, ti fa sentire più al sicuro là dove sei.

Anche la musica fa sentire che il cuore ha un riparo, puoi riposarti e rilassarti e la realtà timidamente suggerisce che può essere ancora positiva. Lo so, è una ipotesi enorme, ti sembra tantissimo. Allora per adesso, lascia solo che la musica ti culli, ti parli nel suo segreto linguaggio.

Questo è un posto così. Noi ne sentivamo il bisogno. Noi siamo innamorati del bello, e questo è un posto per innamorati. Parliamo di quello che ci piace, e lo faremo da innamorati, non da freddi giudici. Per quello ci sono tanti altri posti. Approfittiamo del fatto che giudizi equilibrati si trovino altrove (e ne ringraziamo i curatori) e qui ci permettiamo di indulgere in quel che ci piace. 

Quando uno è innamorato vuole dirlo a tutti. Vede il mondo in maniera diversa. E innamorarsi del bello è una terapia fantastica. E' un modo per lasciare aperto il cuore. Ecco, noi ci vogliamo provare. Sarai dei nostri? Speriamo di sì.

Allora un paio di pantofole felpate, una tazza di qualcosa di caldo. Mentre fuori piove, parliamo di cinema e musica, di quello che ci piace.
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ticket

Biglietto d'entrata, presentazione. Nuovo blog. Non ne sentivi la mancanza? Bè, noi si. Questo è un posto casalingo, il biglietto è solo un gioco. Ci siamo arrugginiti oggi, per strada tutto il giorno, in ufficio, a scuola, nel traffico, di corsa.... adesso vogliamo solo una poltrona, penombra, qualcosa di caldo e alcoolico....ma non troppo, metti su qualcosa di bello, un cd, o un film. Qualcosa che forse ho già visto ma che mi faccia ricordare un bel momento.
Vuoi stare con me? Cosa ti offro? Hai già sentito questo brano? Questa scena....te la ricordi? E la fatica la mettiamo un attimo da parte.
Un posto così insomma. Mica dobbiamo scriverci dei libri, mica facciamo recensioni sui giornali... ci rilassiamo, tra amici. Se ti va vieni a trovarci parleremo di musica e film.



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Radio days

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keyboard

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Music dream

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innamoramento

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